Fratelli tutti – Enciclica del Santo Padre
Il Santo Padre Francesco ha pubblicato il sabato 3 ottobre, in occasione della festa di San Francesco il 4 dello stesso mese, l’enciclica “fratelli tutti”, dove lui stesso dice voler dare un “umile apporto alla riflessione affinché, di fronte a diversi modi attuali di eliminare o ignorare gli altri, siamo in grado di reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole.” [1]
L’enciclica è composta da 7 capitoli. Il Santo Padre ha voluto cominciare il documento tracciando un serie di fattori importanti che oggigiorno travolgono il mondo e impediscono l’amore e l’amicizia fraterna, che dovrebbero essere presenti in ogni persona. Questi fattori mirano alla persona, al suo centro che è minacciato da tanti elementi avversi: scarto mondiale, i diritti che non sono così universali, conflitti e paura, pandemie, informare senza la saggezza, sottomissione e disprezzo di se stessi. Ciononostante, il Santo Padre conclude comunque questo primo capitolo con un messaggio di speranza. Lui stesso dice: “Dio infatti continua a seminare nell’umanità semi di bene”. Sono questi semi di bene che il Papa ha esplicitato negli altri 7 capitoli dell’enciclica.
Il 2° capitolo è rivolto al “estraneo sulla strada” prendendo come esempio la parabola del buon samaritano (Lc 10, 25-37). Infatti “all’amore non importa se il fratello ferito viene da qui o da là.” [2] La parabola è “una icona illuminante” [3] perchè scuote l’uomo e l’obbliga a vedere attorno a sè e prestarsi per l’altro, per il bene dell’altro. L’inclusione o l’esclusione di chi soffre lungo la strada è presente in ogni nazione, e per quello, ogni nazione deve riflettere e mettere in atto decisioni per dare una mano a chi soffre. Guardiamoci per scoprire a quale personaggio della parabola assomigliamo di più. Finisce questo capitolo invitando l’insegnamento tramite la catechesi e la predicazione, perchè esse “includano in modo più diretto e chiaro il senso sociale dell’esistenza, la dimensione fraterna della spiritualità, la convinzione sull’inalienabile dignità di ogni persona e le motivazioni per amare e accogliere tutti.” [4]
Il 3° capitolo fa appello alla struttura dell’essere umano, alla sua piena realizzazione che si fa con un dono sincero di se stesso. Intitolato “Pensare e generare un mondo aperto” vuole essere un ricordo sul fatto di possedere l’inalienabile dignità umana, e ciò fa sì che sia “possibile accettare le sfide di sognare e pensare ad un’altra umanità.” [5] Il fatto, quindi, di affermare questa inalienabilità della dignità umana, apre ad una serie di sfide e fa sì di possedere un cuore aperto, titolo del 4° capitolo. Ricordando che “l’uomo è l’essere-limite che non ha limite” [6], Francesco invita ad aprire il cuore per andare oltre pregiudizi, frontiere, promuovendo le persone e il bene morale, la solidarietà, ripensare i diritti dei popoli e il significato della proprietà.
Il 5° capitolo fa riferimento alla migliore politica, quella che permette l’amicizia sociale e la fraternità. Ciò si ottiene quando è indirizzata alla realizzazione del bene comune. Una politica che non si vuole “populista” ma una politica che, per proteggere e fare sì che il povero si realizzi, cerca di dare lavoro a tutti in condizione idonei. Ciò implica abbondonare una visione liberale individualistica. In questo senso il Santo Padre critica il paradigma tecnocratico dicendo che sarebbe necessario che la propaganda mediatica abbia come fine di favorire il ruolo formativo dell’amicizia fraterna, cercando di far si che i poteri internazionali siano sempre più a servizio di tutti. Ciò significa anche la cura del pianeta perchè è un prestito che ogni generazione riceve e deve trasmettere alla generazione successiva.[7] L’ordine politico deve far progredire la carità sociale. Di fatto, alla fine di questo capitolo, l’appello del Santo Padre è il seguente: “le domande, forse dolorose, saranno: “Quanto amore ho messo nel mio lavoro? In che cosa ho fatto progredire il popolo? Che impronta ho lasciato nella vita della società? Quali legami reali ho costruito? Quali forze positive ho liberato? Quanta pace sociale ho seminato? Che cosa ho prodotto nel posto che mi è stato affidato?” [8]
Il capitolo 6° si basa sul dialogo e l’amicizia sociale. Infatti, “la mancanza di dialogo comporta che nessuno, nei singoli settori, si preoccupa del bene comune, bensì di ottenere i vantaggi che il potere procura, o, nel migliore dei casi, di imporre il proprio modo di pensare.” [9] Il dialogare permette il costruire insieme, è il fondamento dei consensi, dove lo stesso consenso porta a la verità. È un’arte, l’arte dell’incontro che è laborioso e artigianale però necessario perché è dove ci apriamo all’altro e “cediamo” qualcosa a favore del prossimo.
Il 7° capitolo apre l’orizzonte a nuovi percorsi di un nuovo incontro: “In molte parti del mondo occorrono percorsi di pace che conducano a rimarginare le ferite, c’è bisogno di artigiani di pace disposti ad avviare processi di guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia. » [10] L’ingrediente principale sarà la ricerca della verità, colonna di questi nuovi percorsi. Orientato verso i poveri e la risoluzione dei conflitti, ove ci sono le lotte ma anche c’è e deve esserci il perdono. “Certo, non è un compito facile quello di superare l’amara eredità di ingiustizie, ostilità e diffidenze lasciata dal conflitto. Si può realizzare soltanto superando il male con il bene (cfr Rm 12,21)” [11] Per coloro che sentono l’attrazione della violenza, Gesù stesso ci ricordi “rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno (Mt 26,52).”
Infine, il capitolo 8° sposta l’accento sulle religioni del mondo che devono essere al servizio della fraternità. Questi uomini e donne sono completamente dedicati al servizio di Dio e quindi degli uomini, perchè tutti noi siamo “creatura chiamata ad essere figlio o figlia di Dio” [12]. Il dialogo fra tutte le religioni si dà perchè abbiamo tutti in comune il fondamento della coscienza di sapersi tutti figli, perchè sappiamo che rendere Dio presente nella società è un bene per tutti. La religione non può servirsi della violenza per giungere alla conversione dei popoli, al contrario, forte della propria identità, si evangelizza da sé con la propria testimonianza di vita.
Per ultima cosa, il Santo Padre ricorda l’appello alla pace, alla giustizia e alla fraternità che aveva proclamato insieme con il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb: “In nome di Dio e di tutto questo, […] [dichiariamo] di adottare la cultura del dialogo come via, la collaborazione comune come condotta, la conoscenza reciproca come metodo e criterio” [13] e ricorda il beato Charles de Foucault come il “fratello universale”.[14]
Sul seguente link potete scaricare o leggere l’enciclica per intero: Enciclica del Santo Padre
[1] Fratelli tutt
i, Enciclica del Santo Padre Francesco, § 6
[2] Id. § 62
[3] Id. § 67
[4] Id. § 86
[5] Id. § 127
[6] Citato dal Santo Padre § 150. Georg Simmel, Brücke und Tür. Essays des Philosophen zur Geschichte, Religion, Kunst und Gesellschaft, Köhler-Verlag, Stuttgart 1957, p. 6 (ed. it. Ponte e porta, in Saggi di estetica, a cura di M. Cacciari, Liviana, Padova 1970, 8).
[7] Citato dal Santo Padre § 178. Conferenza Episcopale Portoghese, Lett. past. Responsabilidade solidária pelo bem comum (15 settembre 2003), 20; cfr Lett. enc. Laudato si’, 159: AAS 107 (2015), 911.
[8] Fratelli tutti, Enciclica del Santo Padre Francesco, §197
[9] Id. § 202
[10] Id. § 225
[11] Id. § 243
[12] Id. § 271
[13] Citato dal Santo Padre § 285. Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, Abu Dhabi (4 febbraio 2019): L’Osservatore Romano, 4-5 febbraio 2019, p. 6.
[14] Citato dal Santo Padre § 287. B. Charles de Foucauld, Lettera a Madame de Bondy (7 gennaio 1902): cit. in P. Sourisseau, Charles de Foucauld 1858-1916. Biografia, trad. a cura delle Discepole del Vangelo e A. Mandonico, Effatà, Cantalupa (TO), 359. Così lo chiamava anche S. Paolo VI elogiando il suo impegno: Enc. Populorum progressio (26 marzo 1967), 12: AAS 59 (1967), 26